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Indennità di frequenza: scopri cos’è e come chiederla

Cos’è l’indennità di frequenza?

L’indennità di frequenza è stata istituita con la legge n. 289/1990, prevede un aiuto finanziario mensile alle famiglie di minori che devono sostenere spese legate alla frequenza di una scuola, pubblica o privata, o di un centro specializzato per terapie o riabilitazione. E’ riconosciuta solo se preceduta da una certificazione del problema. L’accertamento viene svolto dalla ASL e solo dopo la visita è possibile inoltrare la domanda per ricevere l’agevolazione.

Il primo passo da effettuare è quindi quello di svolgere tutti gli accertamenti necessari (valutazioni e viste dagli specialisti quindi neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, ecc.)  ed essere in possesso di una diagnosi (es. DSA cioè Disturbo dell’Apprendimento Scolastico). Nel caso in cui abbiate svolto il processo di valutazione privatamente e non presso un centro pubblico, dovete tener presente che la  documentazione rilasciata dagli specialisti privati devono essere riportata in una certificazione pubblica (deve essere quindi riconosciuta dal medico della ASL che dovrà rilasciare una certificazione con la diagnosi e la specifica della Legge).

A chi è rivolta?

Viene destinata a tutti i cittadini minori di 18 anni che presentano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età o ipoacusici.

L’iter per ricevere l’indennità di frequenza richiede che siano soddisfatti determinati requisiti di natura soggettiva, ambientale e reddituale. Vediamo quali sono.

Requisiti di natura soggettiva:

–    avere meno di diciotto anni di età;

–    essere cittadino italiano residente in Italia; per chi è cittadino straniero comunitario essere iscritto all’anagrafe del comune di residenza; per chi è cittadino straniero extracomunitario essere in possesso del permesso di soggiorno con validità annuale (articolo 41, Testo Unico immigrazione);

–    avere riconosciute  “difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età” (L. 289/90) o “minore con perdita uditiva superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore nell’orecchio migliore nelle frequenze 500, 1.000 e 2.000 hertz”;

Requisiti di natura ambientale (alternativamente):

–    frequentare terapie in maniera continua o anche periodica  presso centri riabilitativi o di recupero, in centri specializzati ambulatoriali o diurni, anche semi-residenziali, pubblici o privati convenzionati.

–    frequentare scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado a partire dagli asili nido;

–    frequentare centri di formazione o addestramento professionale pubblici o privati, purché convenzionati, finalizzati al reinserimento sociale dei soggetti;

Requisiti reddituali:

–    il reddito personale del minore non deve superare la soglie prevista annuale prevista dalla legge (per l’anno 2016 es. importo limite di reddito era pari a 4.800,38 euro )

Se ho i requisiti descritti mi spetta sempre e comunque?

Se siete in possesso di tutti i requisiti personali, ambientali e economici sopra descritti, l’ultima ma fondamentale informazione da sapere è che l’indennità di frequenza è incompatibile con :

  • qualsiasi forma di ricovero;
  • – l’indennità di accompagnamento (es. nel caso di invalidi civili non deambulanti o non autosufficienti);
  • l’indennità di comunicazione prevista per i sordi prelinguali.

Come faccio la domanda?

I documenti necessari sono:

– un certificato medico pubblico, portante la diagnosi della patologia

– un certificato che attesti l‘iscrizione presso corsi di studio o di formazione professionale ovvero l’attestazione dei cicli terapeutici o riabilitativi, rilasciato dalla struttura/centro che il minore frequenta

Potete fare domanda online all’INPS attraverso il servizio dedicato, consigliamo però in questa fase di rivolgervi a enti di patronato ( es. il CAF) usufruendo dei servizi telematici offerti dagli stessi, così da poter essere seguiti da personale competente in questa fase  più complessa.

Quanto spetta? E quando viene erogato il pagamento?

Una volta accertati i requisiti sanitari previsti, il pagamento decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e comunque non prima dell’inizio della frequenza ai corsi o ai trattamenti.

L’indennità  viene corrisposta per tutta la durata della frequenza  (se certificato quindi viene corrisposta anche per i medi estivi) fino a un massimo di 12 mensilità.

Per l’anno 2017 l’importo è pari a 279,47 euro mensili.

Se tuo figlio deve fare o sta facendo terapia, richiedila subito!

Se hai bisogno di consigli o approfondimenti ci puoi contattare qui.

 

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Genitori e figli: una relazione possibile?

È sempre la solita storia?

Siamo sicuri che una volta fosse veramente differente?

“Ai miei tempi”, questa è la frase a cui la mia generazione è stata abituata, esattamente come la generazione precedente, quella prima ancora, e così via fino alla notte dei tempi.

La generazione uscente ha sempre la percezione che le generazioni entranti siano differenti, solitamente in peggio.
Ne siamo proprio sicuri?

Proviamo a scomporre le caratteristiche delle nuove generazioni e a distinguere il contenuto, ossia quali sono i loro hobby, le canzoni che ascoltano, etc., dal processo.

Le nuove generazioni ci appaiono come irrequiete, caotiche, turbolente, senza una meta o uno scopo precisi. Facciamo adesso un parallelo con la nostra generazione e portiamoci per un attimo a quando avevamo la loro età.

Quanti dubbi avevamo? Quante aspirazioni senza concretezza? Quanti obiettivi abbiamo cambiato nel corso della nostra adolescenza e della nostra prima adultità?
E perché le nuove generazioni dovrebbero essere differenti?
Per non parlare dei loro interessi.

Musica strana, che a noi risulta vuota oppure inascoltabile.

Programmi televisivi o video senza un reale contenuto.

Interessi e passatempi che a noi appaiono senza contenuti.

Eppure se noi andiamo a ripensare ai passatempi della nostra gioventù, ci vengono in mente le eterne discussioni con i nostri genitori, i quali ci accusavano di passare tutto il giorno davanti alla televisione e ci comandavano di pensare alle cose serie anziché dedicarci a passatempi inutili.

I nostri genitori non perdevano un’occasione per ricordarci come ai loro tempi tutto era più difficile e che noi eravamo stati fortunati ad essere nati dopo.

Già… anche i nostri genitori ce l’avevano con “i loro tempi”.
E probabilmente i loro genitori adottavano lo stesso identico comportamento quando erano giovani a loro volta.

Nel momento in cui noi ragioniamo in termini di “ai nostri tempi”, corriamo un enorme errore nel relazionarci con i nostri ragazzi: decontestualizziamo ciò che invece deve necessariamente essere contestualizzato.

Ogni passatempo, ogni hobby, ogni modo di trascorrere la giornata è adeguato al tempo che si sta vivendo in quanto frutto dell’evoluzione delle culture precedenti e preparazione al mondo di giorni a venire, ovviamente se questo non danneggia i nostri ragazzi o la nostra società.

I nostri ragazzi passano tutto il giorno inviandosi messaggi su WhatsApp perchè nel 2017 dopo Cristo è il modo più tipico per rimanere in connessione anche quando si è distanti, in un mondo che ormai è diventato “Real Time” per definizione.
Si radunano davanti ad un cellulare per assistere ad una partita di Clash of Clans esattamente come noi ci riunivamo per giocare a Tekken.

Un altro grave rischio di questo modo di percepire il mondo dei nostri ragazzi, è che ci poniamo su di un piedistallo, nella figura dei santoni che sanno cosa è veramente la vita.

Sebbene sia innegabile che noi adulti abbiamo una visione più completa della realtà che ci circonda, e che è nostro compito aiutare i nostri ragazzi a crescere verso quella direzione ponendoci nella figura dei “Grandi Maestri”, creiamo una barriera tra noi e i nostri figli che loro percepiranno con una violenza tale per cui tenderanno ad allontanarsi.

Del resto stiamo parlando di generazioni che non concepiscono l’autorità, ma prendono in seria considerazione l’autorevolezza, ed è su questa base che dobbiamo muoverci per guadagnarci la loro fiducia.

 

Quando due mondi collidono.

Spesso il problema della relazione genitore-figlio sta nella differenza dei codici comunicativi.
Molto spesso quando opero con genitori e figli noto una contraddizione decisamente simpatica e alquanto strana.

Quando chiedo al genitore, madre o padre, qual è il principale problema con il loro figlio, spesso mi sento rispondere che “mio figlio non mi capisce”.
Viceversa quando pongo la stessa domanda al figlio, questi spesso mi risponde che “mio padre, o mia madre, non mi capisce”.
Ci troviamo quindi di fronte ad una questione che presenta una reiterazione: una parte non capisce l’altra, la quale a sua volta non capisce la prima, e così via in un circolo vizioso ricorsivo apparentemente senza fine.

La cosa che incuriosisce ancora di più è che ognuno è convinto che sia l’altra parte a non capire.
In questa dinamica, genitori e figli vivono in due mondi separati, ognuno fermo attendendo che sia l’altro a muovere il primo passo.
Questo elemento, se protratto nel tempo, rischia di cristallizzarsi e diventare una questione di principio dalla quale diventa difficile uscire.

Come fare per uscire da questo circolo vizioso?

Hai mai pensato come genitore quanto possa essere difficile farti capire dai tuoi figli?
Siamo di fronte ad un’altra generazione, un nuovo modo di intendere il mondo e la vita.
Né migliore né peggiore, soltanto differente.

Di nuovo ci viene in aiuto la consapevolezza della nostra esperienza in quanto adulti, e quindi persone in grado di avere un metro di paragone storico.
Pensa a quando eri giovane tu e i tuoi genitori non ti capivano.
Comprendi adesso dove sta la questione?

Essendo due mondi differenti, cambiano anche i codici comunicativi.
Non sto parlando solamente del gergo utilizzato, anche se già questo basta a generare il divario.

Sto parlando di un altro modo di concepire la realtà che ci circonda.
Il primo passo è sempre il più difficile, perché spesso noi adulti ci sentiamo parte lesa dall’atteggiamento manchevole dei nostri ragazzi.

Eppure hai mai pensato a cosa potrebbe accadere se fossi tu a compiere il primo passo verso i tuoi figli?
Che cosa accadrebbe se fossi tu a bussare alla loro porta per chiedere un chiarimento su una loro frase, non con l’atteggiamento di chi esige una spiegazione, ma con lo spirito genuino di chi desidera comprendere il modo di pensare dell’altro?


L’asimmetria necessaria.

Ascolta tuo figlio, ma ricorda che tu sei l’adulto.
Scendere a livello dei nostri figli, avvicinarci al loro mondo, farci insegnare da loro, non significa colludere con loro.

In ogni momento dobbiamo ricordarci che noi rimaniamo gli adulti, con tutto il nostro ruolo educativo.

Abbiamo l’ingrato e faticoso compito di agire su due canali distinti ma contemporanei: da una parte ci viene richiesto di agire aderendo al loro Mondo e alle loro regole, dall’altra lo dobbiamo fare mantenendo la consapevolezza che dobbiamo rimanere costantemente all’erta ed essere in grado di scivolare sul piano adulto non appena se ne verifica il bisogno.

È un enorme dispendio di energie, ma necessario.

Ci costringe a non abbassare mai la guardia, talvolta a recitare un ruolo, a stabilire sin dagli inizi con noi stessi qual è la linea di demarcazione tra l’ascolto attivo e la collusione.

 

Tu non sei me

Il rischio dell’identificazione.
Tu non sei me.

Ripetilo come un mantra almeno un centinaio di volte al giorno, mantenendo sempre ben presente l’immagine di tuo figlio davanti ai tuoi occhi.

Uno dei principali errori che vedo fare dai genitori che si rivolgono a me per le consulenze, è quello di identificare il proprio figlio, la sua vita e suoi tempi, con se stessi.

Paragonare la vita dei nostri figli con la vita che noi passammo alla loro età è assolutamente anacronistico e deleterio, in quanto non tiene conto dei profondi cambiamenti culturali e sociali che sono avvenuti in così pochi decenni.

Si tratta di una situazione costante nella storia dell’essere umano.

Anche mio padre, nato nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, mi raccontava cose della sua giovinezza che a me apparivano ai limiti dell’assurdo, tra il fare il muratore nei cantieri di Torino all’età di 13 anni, il servizio militare di 18 mesi, oppure anche cose più frivole.

Questa discrepanza è la stessa che vedo tra la mia gioventù e i giovani di oggi, già solamente per il fatto che ai miei tempi non esisteva Internet.
E così sarà per i nostri figli nei confronti dei loro figli, in un mondo che accelera sempre di più.

È difficile operare questa distinzione, ma possiamo e dobbiamo riuscirci, perché è proprio su questo punto che ci giochiamo buona parte del rapporto con i nostri figli, prova ne è che è alla base della maggior parte delle lamentele che i ragazzi mi portano nei confronti dei loro genitori.

Operare questa necessaria distinzione tra noi e loro è fondamentale, perché ci permette di comprendere il loro mondo, cosa che gioverà alla relazione.

Del resto ricordiamoci che stiamo parlando di una generazione che rifiuta il concetto di autorità, a favore del concetto di autorevolezza e sono molto attenti e sensibili su questo.

Quindi ripeti insieme a me: “Tu non sei me”.

Continueremo a parlarne nel prossimo articolo.

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In cucina si impara…Ricette per Crescere!

Una domanda che molte volte ci viene rivolta dai genitori è :” Cosa posso fare a casa per aiutarlo?” “Che giochi ci consigliate?”

Ascoltando le nostre risposte si rimane  spesso stupiti dallo scoprire che non serve girare per negozi alla ricerca di particolari giochi o arrovellarsi per inventare nuove attività, poiché nell’ambiente domestico di ognuno di noi è già presente tutto ciò che occorre per stimolare al meglio e in modo divertente i nostri bambini.

Un esempio? La cucina!

La cucina è l’ambiente domestico per eccellenza, quello che meglio rappresenta le routine quotidiane dalla colazione alla cena, un mondo pieno di oggetti e cose che incuriosiscono i bambini sempre alla ricerca di un modo per imitare mamma o papà.

Adatto a tutte le età!

Le infinite attività che si possono svolgere in cucina permettono di coinvolgere e stimolare bambini di tutte le età.
I più piccoli potranno imparare ad usare i cinque sensi scoprendo il cibo attraverso l’olfatto, annusando odori diversi; il tatto, manipolando e sentendo le consistenze; la vista, osservando e imparando i colori degli alimenti; l’udito, ascoltando il rumore dei liquidi che scorrono o delle bucce che si rompono;  e naturalmente il gusto !
Pensiamo poi quanto tutto questo possa essere importante per educare ad una corretta alimentazione.

 

Sviluppa la motricità fine e il linguaggio

Grattuggiare, impastare, mescolare, tagliare (sotto stretta supervisione di mamma e papà)  sono attività che consentono di allenare e potenziare la motricità fine e la coordinazione visuo-motoria.
Man mano che si diventa più bravi si possono sperimentare impasti di consistenza  differente per aumentare la forza e la precisione nei movimenti, pensiamo alla differenza tra la pasta della pizza e quella dei biscotti.

Per il linguaggio? Verbalizzare  tutti i vocaboli legati al nome dei cibi, alle categorie semantiche ( la frutta, la verdura, la carne) o alle azioni che si svolgono, aiuta ad ampliare il lessico.
Si possono raccontare insieme i passaggi necessari per arrivare al prodotto finale, favorendo in questo modo la narrazione e utilizzando i termini come prima, dopo, infine.
Si potenziano le abilità di ragionamento verbale raccontando insieme ai grandi da dove provengono gli alimenti che si utilizzano: avete mai chiesto ai vostri bimbi se sanno da dove arriva il latte? O dove cresce la frutta? Le riposte vi sconvolgeranno! Mai dare qualcosa per scontato!

Utile anche per la scuola

I bambini delle elementari grazie alla cucina possono rinforzare le abilità logico-matematiche aiutando a dosare e pesare i cibi e gli ingredienti e allenando così abilità di calcolo, equivalenze, peso, misure. Si può lavorare persino sulle  frazioni,  immaginate di dividere a metà o di frazionare una torta, non c’è modo più semplice per far comprendere il concetto di intero e di parte.
Si esercitano anche le abilità di lettura, leggendo le ricette, e di scrittura, ad esempio aiutando a scrivere la lista degli ingredienti che ci servono.

Adesso si cucina: facciamo i biscotti al cacao!

Bene! Finalmente è il momento di cucinare!
Ecco una ricetta semplice da fare con i vostri bimbi, impastate insieme e divertitevi a tagliare i biscotti con le forme che più vi piacciono.
Un ultima idea? utilizzate gli stampini con le lettere e una volta sfornati create le parole!

Ingredienti

  • 150 g. di farina
  • 20 g. di amido di mais
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 50 g. di cacao amaro
  • 50 g. di burro
  • 35 g. di zucchero
  • 1 uovo

Preparazione

  1. Ponete la farina, l’amido di mais, il cacao e il lievito su un tavolo formando una montagnetta con il buco in mezzo. Ammorbidite il burro e ponetelo al centro della montagnetta insieme all’uovo sbattuto e allo zucchero. Impastate bene. Formate i biscotti con gli stampini che preferite.
  2. Riscaldate il forno a 180°, rivestite la teglia con la carta da forno e poneteci sopra i biscotti. Fate cuocere  per circa 20 minuti. Una volta raffreddati, ricopriteli con lo zucchero a velo.